Ci avviciamo all’8 marzo e – come al solito – tantissime saranno le iniziative dedicate alle donne, per riflettere tra conquiste e disparità, ma anche per condividere l’impegno e l’attenzione su questi temi, poiché nonostante un notevole corpus normativo, persistono discriminazioni a svantaggio delle donne, impedendo di fatto di realizzare, a parità di meriti e di aspirazioni, eguali e gratificanti obiettivi e percorsi di vita e di carriera.
Possiamo dire che ad una parità formale non corrisponde una parità sostanziale?
Si, infatti vi è una parità formale – o meglio apparente, sulla carta – con tante ombre che di fatto limita la piena partecipazione delle donne in ogni ambito della società e sebbene non esistano più preclusioni formali all’accesso delle donne ad una ampia gamma di professioni, la parità anche nel mercato del lavoro è ancora lontana dall’essere pienamente realizzata e con un range limitato di occupazione rispetto agli uomini (segregazione occupazionale di tipo orizzontale).
Che azione svolgono le Consigliere di Parità?
Siamo impegnate a prevenire e contrastare le discriminazioni legate al genere nel mondo del lavoro che sono ancora tantissime e la più odiosa è sicuramente legata alla maternità (demansionamenti, trasferimenti ecc. per costringere la lavoratrice a dimettersi), ma anche promuovere l’occupazione femminile, la cultura delle pari opportunità soprattutto tra le giovani generazioni, mirata al superamento anche di stereotipi che persistono nella nostra società.
Quanto gli stereotipi condizionano le nostre scelte?
Certamente hanno condizionato e continuano a condizionare la partecipazione femminile in molti ambiti della nostra quotidianità: dal mercato del lavoro (nonostante le donne si laureano prima degli uomini e con voti migliori), alla retribuzione, alla formazione, alla partecipazione ai processi decisionali, diventando causa di profonde diseguaglianze.
Cosa mettere al primo posto per una vera emancipazione femminile?
Credo che il primo diritto di cittadinanza sia il lavoro e poi l’emancipazione. Persiste nella nostra Sicilia, un grave gap occupazionale sia per le criticità delle condizioni economiche strutturali, ma anche per effetto degli squilibri tra uomini e donne nella gestione dei tempi di lavoro e di cura, che incidono sul modello e sulle scelte di partecipazione al mercato del lavoro. Basta pensare che 1 donna su 3 lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio, con un vero boom di dimissioni per le neomamme. Costi alti per i nidi, stipendi bassi e nonni che ancora lavorano e non possono badare ai nipoti. Avere un figlio cambia la vita alle madri, molto meno ai padri. Quello della conciliazione tra carriera e figli è un tema fortemente sentito dalle giovani donne, che incide sulla scelta di avere figli, fino alla decisione di non averne affatto, quindi una rinuncia diciamo volontaria, ma anche una aperta ostilità nei confronti della maternità con un freno alla natalità, con tutte le conseguenze negative che conosciamo.
Certamente lasciare le donne a casa, significa anche uno spreco di capitale umano.
Si, ed è uno spreco che non possiamo permetterci. Ricordiamoci che ogni posto di lavoro di una donna ne genera altri, nella gestione del quotidiano. Ed è sempre più evidente che per le donne lavorare non è più da tempo un’esperienza transitoria o una scelta secondaria, ma una parte significativa dell’identità femminile che ne connota il percorso di vita.
Vi è anche un gap retributivo.
Complessivamente le donne sono quelle che hanno redditi più bassi fino al 30% in meno rispetto agli uomini, con un paygap spesso inconscio: i datori di lavoro investono da subito sugli uomini mentre le donne magari si candidino per ruoli meno promettenti, pensando già alla futura famiglia e replicando automaticamente stereotipi radicati! Le donne tendono a lavorare meno ore degli uomini, poiché sulle loro spalle ricade una grossa parte di lavoro non retribuito nelle attività domestiche e di cura, maggiore ricorso al part-time (nel Sud raggiunge il 64%), sono meno presenti nelle posizioni apicali, sono più presenti in settori che pagano salari bassi e offrono scarse possibilità di carriera, tendono complessivamente ad essere pagate meno a parità di altre condizioni. E saranno anche pensionate povere sia per effetto di una discontinuità lavorativa, sia perché spesso la retribuzione oraria è addirittura inferiore soprattutto nel privato, quasi un 17% in meno. Sebbene in misura inferiore, ma anche nel comparto pubblico a parità di inquadramento vi è un vantaggio retributivo maschile, per via dell’attribuzione di incarichi aggiuntivi. Come dicevo, questo avrà conseguenze dirette non solo sui salari ma anche sulle pensioni. Dai dati INPS relativi ai pensionati nel 2022, l’assegno dei maschi è superiore del 36% rispetto alle femmine.
Anche nelle professioni esiste il gap retributivo?
Il fenomeno non è circoscritto al solo lavoro subordinato, ma è estensibile anche al lavoro autonomo e alle libere professioni e nonostante gli sforzi del legislatore, il gap può arrivare addirittura al 50%. Diversi studi dimostrano ad esempio, che nella pubblica amministrazione gli incarichi che vengono dati all’esterno più remunerati e/o prestigiosi, sono assegnati a professionisti uomini. Discriminazioni anche nel linguaggio: facciamo ancora fatica a declinare al femminile ruoli e professioni: eppure la lingua italiana prevede la declinazione al maschile e femminile (infermiera si, ingegnera no. Eppure hanno la stessa desinenza).
Senza considerare che le donne sono state spesso oscurate, cancellandone la storia e la memoria.
Mi piace ricordare la Prof.ssa Maria Antonella Cocchiara, prematuramente scomparsa e grande sostenitrice dei diritti e delle pari opportunità che riteneva questa “dimenticanza” delle figure femminili “….un vuoto di memoria sul ruolo che le donne hanno avuto nella storia del nostro Paese”.
Certamente la strada per la parità, passa anche da un giusto riconoscimento delle donne che si sono distinte, dandone visibilità – ad esempio – negli spazi pubblici, promuovendo percorsi educativi e didattici volti a valorizzare il ruolo delle donne. E allora su mia proposta e di concerto con l’Assessora alle Pari opportunità del Comune di Messina, vorremmo che anche la nostra città dedicasse a figure femminili più strade e piazze – – ma anche aree verdi e spazi pubblici – visto lo sbilanciamento in favore di personaggi maschili. Un tema che non riguarda soltanto il nostro territorio e che certamente non è dovuta alla mancanza di figure femminili di riferimento, per questo è importante ripartire dagli spazi urbani per riportare alla luce la presenza di donne significative per la storia e la cultura della nostra storia messinese e del Paese.
Una curiosità: come nasce la scelta della mimosa per celebrare l’8 marzo?
Fu Marisa Cinciari Rodano, una grande donna recentemente scomparsa a 102 anni, l’ultima deputata in vita della prima legislatura, sempre in prima linea nelle battaglie dei diritti, così da pretendere la parità di genere come punto di partenza dell’emancipazione.
A Lei si deve la scelta della mimosa emblema della Giornata internazionale della donna. Racconta lei stessa che nel corso di una riunione del direttivo dell’Unione Donne in Italia (di cui è stata cofondatrice) si discuteva della necessità di scegliere un fiore simbolo: “Rammento che passamo in rassegna diverse possibilità: scartato il garofano già legato al Primo maggio, esclusi gli anemoni perché troppo costosi, la mimosa sembrava convicente, perche, almeno nei dintorni di Roma, fioriva abbbondante e poteva essere raccolta senza soti sulle piante che crescevano selvatiche. Fu così che disegnai un approssimativo rametto di mimosa per il ciclostile con la circolare da divulgare”. Era l’8 marzo 1946.
Quindi diciamo grazie a tutte quelle donne che con il loro esempio, impegno, passione, determinazione hanno contribuito e contribuiscono al riconoscimento di una parità formale e sostanziale tra uomini e donne e a tutte quelle che si impegnano quotidianamente perché la parità di genere non resti sulla carta o solo un’enunciazione di principio.
Buon 8 marzo a tutte e a tutti!
L’Ufficio della Consigliera di Parità della Città Metropolitana di Messina Via Dogali 1/D, 3°piano del Centro per l’impiego.
Si riceve per appuntamento contattando:
Segreteria Ufficio della Consigliera di Parità,
Dott.ssa Tania Cannameli, tel. 090/2984781, mail: gaetana.cannameli@regione.sicilia.it;
Consigliera di Parità: Dott.ssa Mariella Crisafulli