O LO CHIAMI PITONE O PIDONE, SEMPRE “IL RE DELLE FESTE” E’!

 

Dopo che l’Accademia della Crusca ha risolto il derby tutto messinese e palermitano fra arancino in riva allo stretto e arancina a Palermo dicendo che si può dire in entrambi i modi ecco che ancora a Messina “guelfi e ghibellini” dibattono se si dica pidone o pitone.

Diciamolo pure, in genere tutti dicono  pitone con la T, ma una certa correttezza linguistica vorrebbe che si dicesse pidone.

E perché i pidoni si chiamano proprio così?

Secondo alcuni il loro nome deriverebbe dalla forma del piede, da qui  appunto il nome pidone, poi come detto nel tempo il pidone venne chiamato anche pitone.

Il re della rosticceria messinese (insieme all’arancino) nascerebbe nel dopo guerra. Allora era difficile trovare il lievito e le massaie  inventarono una ricetta con farina mescolata ad olio ed acqua condita con scarola, tuma, acciughe e pomodorini anche se nella ricetta storica i pomodori non erano previsti.

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Le versioni del pidone

Nelle rosticcerie messinesi si trovano anche in vari gusti, al posto della tuma (non sempre preferita) c’è la pasta filata e per chi non ama la verdura c’è  la versione prosciutto e formaggio, versione che fa inorridire i puristi del pidone!

Il pidone è anche il re delle feste di Natale.

Il 23 dicembre, sera di antivigilia insieme al baccalà,  o anche nel giorno dell’Immacolata in molte famiglie si preparano i pidoni fritti, e specifichiamo fritti, perché ci sono anche quelli al forno ma anche qui i puristi del pidone dicono no a questa versione.

 

E poi ci sono Rodia e Castanea…

Due centri uno marinaro e l’altro montano preferiti dai messinesi non solo per il mare e per il presepe ma anche per i locali che da sempre sono state delle vere e proprie mete per i veri cultori del pidone tradizionale, quella con la pasta soffice e morbida.  E mi raccomando, per accompagnarli scegliete  solo dell’ottima birra ghiacciata.

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